La sanità integrativa in odontoiatria: un modello in crisi?

Da oltre 10 anni la Sanità integrativa è indicata come lo strumento che può aiutare i cittadini ad ottenere prestazioni sanitarie fuori dal SSN senza intaccare il proprio portafoglio, e per gli operatori sanitari come l’occasione per riportare i pazienti negli studi Odontoiatrici.

E’ appena uscito il rapporto GIMBE, che analizza il fenomeno e la sua tumultuosa crescita. Nel periodo 2010-2016 il numero dei fondi sanitari è aumentato da 255 a 323, con incremento sia del numero di iscritti (da 3.312.474 a 10.616.847), sia delle risorse impegnate (da € 1,61 a 2,33 miliardi). Tre i dati di particolare rilevo: innanzitutto, la percentuale delle risorse destinate a prestazioni realmente “integrative” rimane stabile intorno al 30%; in secondo luogo a fronte di un incremento medio annuo degli iscritti del 22,3%, quello delle risorse impegnate è del 6,4%: sostanzialmente i fondi incassano sempre di più, ma rimborsano sempre meno; infine, i fondi che intrattengono “relazioni” con compagnie assicurative sono passati dal 55% nel 2013 all’85% nel 2017. Infine,il 40-50% dei premi versati non si traducono in servizi per gli iscritti perché erosi da costi amministrativi, fondo di garanzia (o oneri di ri-assicurazione) e da eventuali utili di compagnie assicurative. Le assicurazioni sanitarie hanno, legittimamente, la  priorità del  profitto, e l’assistenza diretta è la più efficiente modalità di gestione delle risorse economiche per fare ricavi e utili a favore delle assicurazioni/fondi/mutue: si crea una rete di professionisti che sottoscrivono un contratto, accettano le condizioni, la principale delle quali rappresentata dalla tariffa più bassa.

Il caso Metasalute- RBM- Previmedical

Da gennaio i pazienti aderenti a MètaSalute hanno visto modificati i termini di copertura, lo scorso anno avevano un massimale di 550 euro, da quest’anno il massimale si è ampliato arrivando ad una copertura illimitata per lavori di conservativa, parodontologia e protesi e a importanti coperture anche per le cure implantari. Le prestazioni “convenzionate” vengono pagate al dentista direttamente dal Rbm secondo tariffario e regole indicate dalla convenzione.  Ed è proprio su questo fronte che nei mesi scorsi i dentisti convenzionati hanno denunciato ritardi nei pagamenti. “I problemi sono nati quasi da subito”, racconta , ad esempio ad Odontoiatria33 un dentista del Nord Italia convenzionato da anni, “la convenzione rappresenta circa il 20% del mio giro d’affari”, dice. Ultimamente poi giungono numerose segnalazioni di piani di trattamento respinti perché  “inadeguati” o”non necessari” o ancora “sostituibili con altri trattamenti”. La risposta è stata che presunte inadempienze sono nella quasi totalità dei casi riconducibili a pratiche prive di giustificativi adeguati o relativi a prestazioni non autorizzate preventivamente da Previmedical, e per tali motivi, e non altri, la società – in applicazione di quanto previsto sempre negli accordi di convenzione – si è trovata costretta a sospendere i relativi pagamenti di tali pratiche.

Sulla questione è intervenuta anche ANDI, ricordando come “questi provider di reti per i loro servizi richiedono costi anche pari al 15-25% dell’importo inizialmente destinato alle prestazioni sanitarie dalla solidarietà collettiva e ciò impoverisce il contributo effettivamente a disposizione”.

La possibilità di scegliere

L’attuale modello, che mostra tendenze di crescita importanti, prevede un “Welfare Integrativo” rivolto principalmente al lavoratore dipendente, al punto che le politiche fiscali premiano i contratti di lavoro che comprendono questa forma di assistenza. I lavoratori autonomi presentano, invece, dei tassi di adesione alla Sanità Integrativa notevolmente più contenuti.

Se per il paziente la facoltà di scegliere è molto relativa, poiché la copertura fa parte degli accordi stipulati in sede di definizione di contratto collettivo, è importante analizzare anche il punto di vista del dentista che sceglie, o non sceglie, di convenzionarsi.

Il rapporto che legava fino a qualche anno fa il paziente al proprio dentista, oggi è sempre più messo in discussione. I pazienti che provengono dalle convenzioni non sono del dentista, ma sono del Fondo, che li “presta” all’odontoiatra finché rimane a contratto. Non bisogna  pensare che quei pazienti appartengano al professionista, perchè il paziente decide di scegliere il dentista indicato dal Fondo integrativo e quindi, un dentista convenzionato vale l’altro.Va poi considerata anche  , secondo una ricerca effettuata su 802 studi dentistici italiani a gennaio 2016 (Quaeris), la diminuzione della redditività (lo sconto medio in Italia è del 23,4%, oltre alle prestazione gratuite obbligate),e un aumento di tempo segretariale(+20,7%).

Le  difficoltà emerse sia sul fronte dei servizi erogati, sia su quello della sostenibilità economica, potrebbero rendere necessario un ripensamento dell’intero sistema anche attraverso un confronto con gli stessi operatori sanitari per una più efficace e sostenibile assistenza Odontoiatrica privata, come è stato rilevato anche  dal Collegio dei Docenti, con la necessità di rilanciare il ruolo prioritario dell’odontoiatria all’interno della medicina generale e, nel Sistema sanitario Italiano, arricchire l’offerta pubblica,  attuando inoltre misure politiche più decise ed efficaci come la lotta all’abusivismo e l’ottenimento di sgravi fiscali per i pazienti che effettuano cure odontoiatriche .

Gian Paolo Damilano