Il falegname digitale

Su Odontoiatria 33 è apparso un editoriale  contenente interessanti spunti sull’impatto che le nuove tecnologie avranno anche sul modo in cui eserciteremo la professione odontoiatrica.

Vi si descrive molto bene quello che in tutti i settori della vita quotidiana ( intelligentemente, si è usato come esempio quanto avvenuto nel settore della fotografia) è l’effetto finale della tecnologia digitale : la disintermediazione. Permettere a ognuno di noi di accedere a conoscenze e procedure saltando i passaggi intermedi, fluidificando i trasferimenti, accelerando i tempi, abbattendo i costi, in definitiva democratizzando tutti i processi e le produzioni, dagli oggetti, ai servizi, alle idee politiche.

Sarà vera gloria? Proviamo a fare un altro esempio, quanto è avvenuto nel settore bancario.  Fino a non molti anni fa,nel corso principale della nostra città eravamo abituati ad avere  poche banche , radicate sul territorio, con sedi importanti piene di impiegati e sportellisti. Progressivamente abbiamo assistito a: una concentrazione in grandi gruppi; una drastica diminuzione della dimensione delle  sedi e soprattutto del numero degli addetti; una costante migrazione on line dei servizi, la comparsa delle banche virtuali, tra poco l’implementazione massiccia delle tecnologie blockchain. Il prezzo? L’uscita dal sistema di migliaia di lavoratori (tra l’altro per ragioni di tutela sociale, spesso a carico della collettività), una precarizzazione di quelli rimasti, un impiego massiccio del nostro tempo per fare cose che prima facevano gli impiegati, una spersonalizzazione del servizio e dell’assistenza, un sostanziale livellamento delle condizioni offerte alla clientela tanto da rendere il passaggio da un istituto di credito all’altro molto più facile, ma in fin dei conti inutile.

Con decenni di ritardo, l’applicazione anche in questo settore del principio fordista della produzione di massa. Adattato però alle esigenze di oggi: se Henry Ford diceva ” il cliente può acquistare l’auto del colore che desidera, basta che sia il nero” oggi questo non è più accettabile, e si parla di produzione di massa personalizzata.

Proviamo, per puro gioco intellettuale, a trasporre questi concetti nella nostra pratica professionale e a immaginare come potrebbe cambiare il nostro rapporto con l’odontotecnico: oggi usiamo materiali per impronta, spesso deperibili e sensibili al trasporto; dobbiamo servirci di corrieri per recapitarli, sperare che arrivino in buone condizioni, confidare nella sua abilità e accuratezza nel trasformarli in modelli e poi in prodotto finito; abbiamo difficoltà nel trasmettere informazioni relative a forma e colore, e questo richiede molte prove di controllo intermedie; raggiungere l’eccellenza, per i numerosi passaggi coinvolti, richiede un duro lavoro e una costante attenzione. Il risultato sarà ,se siamo entrambi bravi, un risultato che sfiora l’espressione artistica.

Ora, sempre per gioco intellettuale, immaginiamo come questa catena potrebbe cambiare. Pensiamo ad un sistema di impronta che direttamente trasformi la bocca dei nostri pazienti in un file numerico, trasferibile via mail immediatamente in qualunque parte del mondo; immaginiamo una modellazione dei nostri manufatti affidata non ad abili mani, ma a linee di codice; ipotizziamo una trasformazione in oggetto fisico demandata ad una macchina, che fresa un blocchetto di materiale prefabbricato ,e quindi perfetto, con tolleranze e ripetibilità assolutamente irraggiungibili da mani umane. Continuiamo a fantasticare: e se tutto questo si potesse ottenere addirittura nel nostro studio, in poche ore, e passassimo dalla preparazione alla consegna in un unico appuntamento? Sarebbe magnifico.

Un economista disse: “nessun pasto è gratis”. I costi ridotti, la velocità di realizzazione, la ripetibilità di risultato nascondono una necessaria riduzione delle opzioni disponibili a quelle contenute nelle librerie software, e la scelta di materiali, colore e sfumature limitata alle disponibilità dell’industria. Avremmo sacrificato la bellezza e la complessità di un mobile Luigi XVI° in cambio della funzionalità di un mobile Ikea. E dovremmo convincerci, e convincere i nostri pazienti, che la scelta è giusta. Ma questo discorso richiederà altre riflessioni.

GIANPAOLO DAMILANO