I Dottori in fuga dall’Italia. Formiamo medici e infermieri. E poi li mandiamo via

La formazione di un laureato costa 150 mila euro. In 10 anni (dal 2005 al 2015) sono stati 10.104 i medici espatriati, secondo i dati forniti dalla Commissione europea sulle migrazioni dei professionisti. La principale mèta è la Gran Bretagna (33%), seguita dalla Svizzera (26%).

 

A zig-zag tra le contraddizioni, a spese del malato. Da un lato le facoltà di medicina sono a numero chiuso, quindi limitano il numero dei futuri laureati, dall’altro si annuncia un’emergenza nel numero dei medici, non si riuscirà a rimpiazzare quelli di base che vanno in pensione ma neppure sarà possibile coprire i posti vacanti negli ospedali.

C’è carenza di medici ma il bello è che le università e il servizio sanitario li formano (a spese dello Stato, la formazione di un medico costa 150 mila euro) e questi poi se ne vanno all’estero, attratti da stipendi più consistenti e carriere meno burocratico-baronali-politiche. Con un danno per la spesa pubblica e aggravando la penuria di camici bianchi.Tutto questo è ben fotografato da quanto sta accadendo in molti atenei. A Padova, per esempio, in questi giorni sono arrivati, per una campagna acquisti di personale sanitario, da Germania, Inghilterra e Austria. Infatti quell’università per facilitare, in generale, l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, organizza dei career day, ovviamente aperti a tutti i procacciatori di talenti dell’area Ue. E da oltre confine non vengono a cercare filosofi, economisti e neanche ingegneri, ma medici e infermieri. Dice Gilda Rota, direttrice del Career Service dell’università di Padova: «Dall’estero arrivano numerose proposte di assunzioni per medici, infermieri ed ostetriche, in particolar modo dalla Germania e dal Regno Unito».

Su 500 laureati tra medici e infermieri a Padova nell’ultimo anno, oltre un centinaio hanno varcato la frontiera. Un flusso migratorio abnorme. Commenta Fabio Castellan, presidente della Federazione delle professioni infermieristiche di Padova: «È vero, firmiamo circa un centinaio di referenze l’anno, un documento necessario, insieme all’iscrizione all’ordine professionale, per cercare lavoro all’estero». Insomma, in Italia il lavoro ci sarebbe ma c’è chi offre di più e dà maggiori stimoli. Perciò il nostro Paese diventa donatore di personale sanitario, ben formato per unanime riconoscimento, al resto d’Europa.

Nel 2016 (il dato è di Almalaurea) si sono laureati in medicina 7.882 studenti. Poco meno della metà è rimasto incastrato nell’imbuto della specializzazione e questa è un’altra contraddizione: si programma il numero chiuso per l’ammissione alla facoltà ma non coincide con i posti a disposizione nella specializzazione. Commentano all’Anaao, il sindacato dei medici: «Dopo aver passato il test di ingresso al corso di laurea, fatto una sessantina d’esami e l’esame di Stato, arrivi alla specializzazione e ti dicono: «C’è posto solo per la metà di voi, gli altri possono emigrare». E ha calcolato che sono circa un migliaio i medici che ogni anni se ne vanno dall’Italia (a fronte di 2 mila domande, la metà alla fine non parte). Secondo le previsioni del sindacato nei prossimi 10 anni 47.248 medici dipendenti e 21.700 medici di base se ne andranno in pensione ma nessuno sembra porsi il problema di come potranno essere rimpiazzati. «Almeno un terzo dei residenti nella Penisola – sostiene la Fimmg, il sindacato dei medici di base- non potrà avvalersi tra dieci anni del medico di famiglia».

Su Facebook è sorta la pagina Doctors in fuga, dove si scambiano consigli ed esperienze per espatriare, ha raggiunto in poco tempo quasi 37 mila seguaci. In 10 anni (dal 2005 al 2015) sono stati 10.104 i medici espatriati, secondo i dati forniti dalla Commissione europea sulle migrazioni dei professionisti. La principale mèta è la Gran Bretagna (33%), seguita dalla Svizzera (26%). Un altro rapporto, firmato Eurispes ed Enpam, sostiene che «se si conferma l’attuale trend dei giovani medici che scelgono l’estero, il saldo risulterà fortemente passivo, e i fenomeni di carenze professionali già diffusi ma non ancora esplosi nella loro drammaticità, si manifesteranno appieno, allargando oltre misura la forbice tra pensionamenti e nuovi ingressi».

L’Assomed, associazione medici dirigenti, ha calcolato che tra quattro anni negli ospedali italiani mancheranno all’appello 911 chirurghi. Dice Diego Piazza, presidente dell’Acoi, associazione dei chirurghi ospedalieri: «Con il blocco delle assunzioni più di 7 mila chirurghi andati in pensione non sono stati rimpiazzati. Il paradosso è che l’età media dei chirurghi va aumentando mentre il numero dei giovani si va riducendo progressivamente. Il pericolo è la desertificazione delle sale operatorie». Quella del chirurgo è poi considerata, in Italia, una professione economicamente pericolosa. 5 chirurghi su 8 subiscono nella loro vita professionale un procedimento giudiziario.Cosi sono numerosi i chirurghi che si rifiutano di eseguire operazioni rischiose per paura di subire un processo penale e molti giovani medici decidono di andare ad operare all’estero.

S.o.s medici e personale sanitario. C’è un nuovo ministro della Salute, Giulia Grillo, 42enne siciliana, laureata in medicina e chirurgia con specializzazione in medicina legale. Che cura escogiterà per questo fuggi-fuggi dalla sanità italiana?

Fonte: italiaoggi.it