Per l’On. Volponi i principi ispiratori della 175/92 sono più che mai attuali

Il “padre” della prima Legge sulla pubblicità sanitaria ci racconta come è nata e perché non fu applicata nella sua totalità e dice: “oggi più di ieri al paziente serve un Ordine che possa tutelarlo dalle logiche di mercato”


L’On. Alberto Volponi, classe 1947, è un medico, specializzato in gastroenterologia e in malattie dell’apparato cardiovascolare. È stato sindaco di Supino (Frosinone), Presidente dell’OMCeO di Frosinone e Direttore generale ENPAM, ma anche parlamentare della decima legislatura (1987-1992) nel corso della quale ha presentato 115 progetti di Legge e 98 atti di controllo.

L’On. Volponi è il padre della Legge 175/92 “Norme sulla pubblicità sanitaria e sulla repressione dell’esercizio abusivo delle professioni sanitarie”, in parte modificata dalla Legge Bersani ma che ancora oggi regolamenta la materia nel settore sanitario.  

“In realtà non l’ho scritta io”, dice al telefono a Odontoiatria33. “Il testo era già stato presentato nella precedente legislatura dall’On. Danilo Poggiolini (medico torinese, NdR) ma non era arrivato al traguardo. L’amico Eolo Parodi (Presidente FNOMCeO fino al 1992 e poi Presidente ENPAM, NdR) mi pregò di riprendere in mano il testo che era stato elaborato dal Comitato Centrale della FNOMCeO e di riproporlo”.

Siamo a metà degli anni Ottanta, il problema della pubblicità non era sentito come oggi, se non per le targhe fuori dallo studio e qualche piccola inserzione sulle Pagine Gialle.

“La vera emergenza da contrastare” ricorda l’On Volponi “era quella dell’abusivismo odontoiatrico, un tema su cui la FNOMCeO era molto sensibile. Ripresentai la proposta di Legge inserendo alcune novità rispetto al testo Poggiolini. Ebbi l’accortezza di coinvolgere tutti i gruppi parlamentari facendo loro capire che l’iniziativa legislativa non era a favore della classe medica ma del cittadino” continua l’On. Volponi confidando: “Per esperienza personale, i medici in Parlamento non sono visti molto bene… immagini la reazione quando cominciai a cercare il consenso su di un progetto di Legge promosso da un medico per di più Presidente di Ordine”.     

E invece la tenacia dell’On. Volponi pagò; egli riuscì a fare capire che la Legge sarebbe servita per tutelare i cittadini seguendo i principi istitutivi dell’Ordine ovvero, ricorda, “garanzia nei confronti dei cittadini che chiedono professionisti preparati e deontologicamente corretti. Grazie alla condivisione di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, sul filo di lana, dopo 5 anni di lavoro, riuscimmo ad approvarla nel febbraio 1992. All’unanimità, a pochi giorni dalla fine della legislatura”.

“Il problema di questa Legge non è stato il fatto che quando fu approvata era già in alcuni aspetti superata (era stata pensata dieci anni prima) o che il Ministero della Salute nel predisporre il decreto attuativo (ci impiegò quasi due anni) la burocratizzò al punto di ridicolizzarla” sostiene l’On. Volponi, “ma il fatto di essere stata disconosciuta dalla stessa FNOMCeO che l’aveva generata.” 

L’On. Volponi ci spiega che alcune settimane dopo la sua pubblicazione in Gazzetta, il Presidente della FNOMCeO inviò a tutti i Presidenti provinciali una circolare, con un taglio molto burocratico, in cui si sosteneva l’impossibilità di applicare uno dei passaggi fondamentali della norma ovvero il conferimento del potere ispettivo agli Ordini: una vicenda surreale se si pensa che il Presidente firmatario della circolare era l’On. Poggiolini, lo stesso che tanto si era battuto per farla approvare in Parlamento.

“Un articolo, quello sul potere ispettivo, che avevo sostenuto e caldeggiato soprattutto in Commissione Giustizia dove si registrava qualche perplessità superata dalla banale considerazione che anche il Ministero della Salute, vari Enti pubblici (INPS, INAIL ecc.) hanno i loro ispettori che supportano gli organi preposti al controllo. Un articolo, poi, che conferendo agli Ordini il potere di verificare direttamente se l’operatore era un professionista abilitato legalmente, e questo di per sé rappresentava già un deterrente, accresceva la loro responsabilità nella lotta all’abusivismo. Ho avuto nel tempo l’impressione che la Legge 175 sia stata tanto voluta quanto temuta da chi doveva darne applicazione.”

Quando gli chiediamo cosa ne pensa delle modifiche apportate dalla Legge Bersani ci dice: “Certamente l’obiettivo della 175 era soprattutto combattere l’esercizio abusivo della professione piuttosto che la pubblicità sanitaria che al tempo era poca cosa rispetto a oggi. Abrogare l’obbligo del parere preventivo da parte dell’Ordine del messaggio pubblicitario, proprio alla luce delle esperienze che viviamo, è stato un errore anche facilmente prevedibile. Oggi più di ieri i principi ispiratori che hanno portato alla nascita della 175 sono validi e, resi semmai aderenti alle nuove realtà, vanno seriamente applicati. La pubblicità in materia sanitaria, e questo è l’errore di impostazione della ‘Bersani’, non può essere regolamentata dalle stesse leggi che tutelano il mercato e la concorrenza. Queste logiche non possono essere applicate a temi che riguardano la salute dei cittadini, a messaggi che possono condizionare le sue scelte ma anche mettere in dubbio o, peggio ancora, superare o sostituirsi a indicazioni terapeutiche proprie del professionista sanitario”.


“Questa”, continua, “è una battaglia che deve essere condotta dagli Ordini. L’Ordine ha un ruolo centrale in questo ambito che non può essere delegato ad altri. Neppure ai rappresentanti sindacali delle professioni sanitarie o alle associazioni di categoria che hanno il compito di tutelare i propri iscritti e farebbero fatica a misurarsi su questi temi. A quasi 40 anni dall’approvazione della Legge stiamo ancora aspettando che siano le Iene o Striscia la notizia a denunciare casi di abusivismo sanitario. Non si può lasciare al mondo del giornalismo questo compito, soprattutto ora che si affacciano sulla scena numerose altre professioni sanitarie che hanno costituito i loro Ordini professionali”.


Infine, gli chiediamo come mai nel 1992, al termine della legislatura, lasciò la politica e non si ricandidò, pur avendo ben operato in Parlamento essendo stato, fra l’altro, relatore della Legge di riforma della 833, da cui sono nati il 502 e il 517, ovvero tutta la normativa che ha ridisegnato la sanità italiana; stagione intensa di riforme di cui egli stesso è stato un importante protagonista.

“Molto semplicemente non volevo essere ancora, in alcun modo, funzionale al mantenimento di un sistema politico in cui non credevo più. La crisi dei partiti tradizionali, che pur avevano avuto dei grandi e indubbi meriti storici, era cominciata già da tempo con un loro progressivo distacco dalla società di cui non sapevano ormai cogliere i forti e diffusi fermenti innovativi. I partiti, una volta strumento di collegamento fra la società e le istituzioni, erano diventati invalicabili diaframmi. La caduta del muro di Berlino accentuò questo distacco con la società e il superamento dei due blocchi, per la scomparsa di uno dei due, a livello mondiale; la fine delle ideologie aveva polverizzato il cemento ideologico che teneva i partiti al loro interno e li contrapponeva. Quello che posso aggiungere, con non poca amarezza e preoccupazione, è che, a distanza di anni, le condizioni per un nuovo impegno, almeno per quanto riguarda la mia idea della politica, non si sono più realizzate, anzi…”

Fonte: odontoiatria33.it