IX Rapporto Rbm-Censis. “Lea negati per 1 italiano su 3. Sono 19,6 mln quelli costretti a pagare di tasca propria le cure. È prioritario istituzionalizzare la sanità integrativa”

Presentato al Welfare day l’annuale report sulla sanità pubblica, privata e intermediata. Le liste d’attesa sono “un calvario” e il 35,8% dei cittadini le ha trovate chiuse almeno una volta e per questo si rivolge al privato mettendo mano al portafoglio. La spesa privata sale così a 37,3 miliardi di euro: +7,2% dal 2014 (-0,3% quella pubblica). Vecchietti (Rbm): “Raddoppiare il diritto alla Salute degli italiani, istituzionalizzando la sanità integrativa, è una priorità ormai improcrastinabile e per farlo serve un Secondo Pilastro Sanitario aperto che si affianchi al SSN. Il Governo intervenga”. LE SLIDE

13 GIU – “Sono 19,6 milioni i “Forzati della sanità a pagamento” costretti a pagare di tasca propria per ottenere prestazioni essenziali prescritte dal medico, almeno una prestazione sanitaria all’anno e di questi circa il 50% appartiene alle categorie sociali più fragili, come gli anziani e malati cronici. 1 italiano su 2, è “Rassegnato” e non prova neanche a prenotare una prestazione sanitaria con il SSN ma va direttamente nel privato mettendo mano al portafoglio. Nel 2019, le prestazioni sanitarie pagate dai cittadini, passeranno da 95 a 155 milioni. La spesa sanitaria privata media per famiglia è pari a 1.522 euro (+ 2,97% dal 2017), quella pro capite è di 691,84 euro (+ 12,33% 2017). Mentre aumenta dal 10, 54% al 27, 4% la necessità di finanziare le spese sanitarie attraverso prestiti e crediti al consumo”.
 
Sono questi alcuni dei numeri contenuti nel IX Rapporto Rbm-Censis presentato oggi al “Welfare Day 2019”, svolto al Roma alla presenza, tra gli altri, di Roberto Favaretto, Presidente Gruppo RBHold, Marco Vecchietti, Amministratore Delegato di Rbm Assicurazione Salute, Giuseppe De Rita e Francesco Maietta, rispettivamente Presidente e Responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis, e Claudio Durigon, Sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

“Nel 2019, quasi 1 italiano su 2 (il 44% della popolazione), a prescindere dal proprio reddito, si è “Rassegnato” a pagare personalmente di tasca propria per ottenere una prestazione sanitaria senza neanche provare a prenotarla attraverso il SSN. E’ chiaro che cosi non si può continuare, i dati parlano chiaro – spiega Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RBM Assicurazione Salute, commentando i risultati del IX Rapporto RBM-CENSIS, una delle più grandi indagini mai condotta sulla sanità italiana, realizzata su un campione nazionale di 10.000 cittadini maggiorenni – . Occorre pianificare un veloce passaggio da una sanità integrativa a disposizione di pochi, circa 14 milioni di italiani hanno una polizza sanitaria, ad una sanità integrativa diffusa, un vero e proprio “Welfare di Cittadinanza”, attraverso l’evoluzione del Welfare Integrativo da strumento “contrattuale” a strumento di “tutela sociale” in una prospettiva di presa in carico dell’intero “Progetto di Vita” dei cittadini”. Non bisogna dimenticare, infatti, che i bisogni di cura crescono con il progredire dell’età e con l’insorgenza di malattie croniche o di lunga durata”.

Nella vita vissuta degli italiani la spesa sanitaria di tasca propria è una integrazione necessaria del Servizio Sanitario Nazionale: ”Ognuno di noi – prosegue Vecchietti – ha sperimentato senza dubbio la necessità di “surfare” tra pubblico e privato per completare, in tempi certi, un iter clinico o diagnostico, prescritto dal proprio medico. I dati parlano chiaro: considerando le visite specialistiche, su 100 tentativi di prenotazione nel Servizio Sanitario di visite ginecologiche sono 51,7 quelli che transitano nella sanità a pagamento, 45,7 le visite oculistiche, 38,2 quelle dermatologiche e 37,5 le visite ortopediche; tra gli accertamenti diagnostici, su 100 tentativi di prenotazione nel Servizio sanitario, transitano nel privato 30,1 ecografie, 27,4 elettrocardiogrammi, 26,3 risonanze magnetiche e 25,7 RX”.

E ancora: “Raddoppiare il diritto alla Salute degli italiani è pertanto una priorità ormai improcrastinabile e per farlo serve la Sanità Integrativa. Non è più sufficiente limitarsi a garantire finanziamenti adeguati alla Sanità Pubblica ma è necessario affidare in gestione le cure acquistate dai cittadini al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale attraverso un Secondo Pilastro Sanitario aperto. Un Sistema Sanitario universalistico è incompatibile con una necessità strutturale di integrazione “individuale” pagata direttamente dai malati, dagli anziani e dai più fragili.  Il Secondo Pilastro Sanitario non è un modello nel quale i cittadini ricevono le cure privatamente, ma un sistema di “gestione in monte” delle prestazioni sanitarie erogate al di fuori del Servizio Sanitario Nazionale rimaste a loro carico. Non è la Sanità Integrativa a spingere i consumi privati in Sanità, ma la crescita della Spesa sanitaria privata a richiedere un maggiore livello di «intermediazione» delle cure private dei cittadini. La spesa sanitaria privata si attesta oggi a 37,3 miliardi di euro e si stima nel 2019 possa arrivare appena al di sotto di 42 mld di euro: +7,3% dal 2014 a causa soprattutto dell’allungamento dei tempi delle liste d’attesa, che, a dispetto dei tentativi di riduzione avviati raggiungono, in determinati casi durate non compatibili con i LEA. Nel 2019 le prestazioni sanitarie pagate di tasca propria dagli assistiti passeranno da 95 alla cifra record di 155 milioni. Dall’inizio della crisi, in circa 10 anni, la Spesa Pubblica per la salute in Italia, si è fermata, mentre la spesa delle famiglie ha continuato a crescere. Nella maggior parte dei percorsi di cura gli italiani si trovano a dover accedere privatamente a una o più prestazioni sanitarie. E la necessità di pagare di tasca propria cresce in base al proprio stato di salute (per i cronici la spesa sanitaria privata è in media del 50% più elevata di quella ordinaria, per i non autosufficienti è in media quasi 3 volte quella ordinaria) ed all’età (per gli anziani la spesa sanitaria privata è in media il doppio di quella ordinaria)”.

Sono pagate di tasca propria nella quasi totalità dei casi, il 92%, delle cure odontoiatriche (che si caratterizzano anche per il costo medio più elevato, 575 euro). Nell’ambito dei beni sanitari di assoluta evidenza, i farmaci rappresentano la seconda voce di spesa pagata direttamente dai cittadini in termini di costo medio (380 euro) e la prima in termini di frequenza (38%), costi medi oltre i 220 euro per lenti e occhiali e di 185 per protesi e presidi, ma con frequenza decisamente più contenute (rispettivamente 18% e 9%). Più alto il presidio pubblico sugli esami diagnostici, che comunque vengono pagati privatamente nel 23% dei casi, e sulle prestazioni ospedaliere, dove comunque i cittadini sostengono direttamente i costi dell’acquisto in quasi il 10% dei casi. La necessità di ricorrere a prestiti e credito al consumo per finanziare le proprie cure passa dal 10,54% al 27, 14%”.

Liste d’attesa. Inoltre: ”Per le visite specialistiche infatti, solo a titolo di esempio si hanno circa: 128 giorni medi di attesa per una visita endocrinologica, 114 per una visita diabetologica, 65 per una visita oncologica, 58 per una visita neurologica, 57 per quella gastroenterologica, 56 per una visita oculistica, 54 per una visita pneumologica, 49 giorni per una visita di chirurgia vascolare e 49 giorni per una visita cardiologica. È evidente che a fronte di queste lungaggini molti cittadini (il 44% degli intervistati) si rivolgono direttamente al privato anche per le cure che rientrano nei Livelli Essenziali di Assistenza del Servizio Sanitario Nazionale. L’evidenza è nei numeri: tra il 2013 ed il 2018 a fronte di una crescita del + 9,9% della Spesa sanitaria privata la Spesa sanitaria “intermediata” dalla Sanità Integrativa è cresciuta del + 0,5%. Appare evidente che nel lungo periodo solo un cambio di passo potrà consentire di risolvere il difficile rebus della sanità italiana: la soluzione è la prevenzione sanitaria intesa come una azione di lungo periodo in grado di prevenire l’insorgere delle patologie o almeno individuarle in fase iniziale, prima che diventino gravi o irreversibili, con relativa moltiplicazione dei costi sanitari. Oggi di prevenzione sanitaria si parla molto e si pratica troppo poco: la sfida è far entrare nella cultura sociale la priorità della prevenzione, dagli stili di vita al ricorso alle tante forme di screening”.

Importanti anche i dati sulla capacità di rimborso della spesa sanitaria privata da parte della sanità integrativa: se in media infatti un cittadino finanzia l’85% delle cure private aderendo ad una forma sanitaria integrativa l’ammontare da pagare di tasca propria per le medesime cure scende al 33% perché quasi 2/3 della spesa sono rimborsati dalla polizza sanitaria.  a carico dell’assicurato. In particolare, suddividendo per categoria: per quanto riguarda le cure ospedaliere se in media il costo a carico del cittadino è in media pari al 36,1% con la Sanità Integrativa si dimezza, dal momento che l’84,5% della spesa è rimborsata dalla forma sanitaria integrativa; il 15,6% a carico dell’assicurato, mentre per quanto riguarda le cure specialistiche se in media il costo a carico del cittadino è in media pari all’80,4,1% con la Sanità Integrativa quasi 2/3 sono rimborsati dalla polizza sanitaria. Assolutamente significativo anche l’aiuto fornito dalle polizze sanitarie per l’odontoiatria: se in media il costo a carico del cittadino è in media pari all’81,2% con la Sanità Integrativa il costo da pagare scende a poco più del 35% grazie ad un rimborso da parte della polizza sanitaria di oltre il 60% della spesa; relativamente alla prevenzione, da ultimo, a fronte di una quota pagata di tasca propria in media di quasi l’80% con la Sanità Integrativa il cittadino beneficia di un rimborso di quasi il 70% della spesa.

“La Sanità Integrativa, Fondi e Polizze Sanitarie – conclude Vecchietti – sono in grado di garantire un aiuto concreto ai cittadini ed alle famiglie italiane di fonte al costante innalzamento dei bisogni di cura ed alla necessità di pagare una quota delle cure sempre maggiore di tasca propria. Un sistema che nei numeri dimostra di funzionare piuttosto bene per chi lo ha già A questo punto sarebbe normale immaginare a politiche da parte del Governo di supporto alla diffusione di questa importante tutela sociale aggiuntiva”. 

Fonte: www.quotidianosanità.it

“In ambito odontoiatrico, trovano conferma le nostre eccezioni (più volte anche ufficialmente rappresentate) sulla impraticabilità ed inefficienza dei LEA.”
PIPPO RENZO