A Napoli si vive tre anni di meno: i fiorentini più longevi

Il Sud resta in coda: sulle diseguaglianze nella salute pesano residenza e istruzione

In Italia si vive più a lungo a seconda del luogo di residenza o del livello d’istruzione: si ha una speranza di vita più bassa al Sud o se non si raggiunge la laurea. A Firenze si vive di più, con uno scarto di oltre tre anni, rispetto a Napoli e a Caserta. Mentre a livello regionale il gap Nord – Sud è ben rappresentato dal rapporto tra Trentino e Campania. In Campania nel 2017 gli uomini vivono infatti mediamente 78,9 anni e le donne 83,3, dati che nella Provincia Autonoma di Trento diventano 81,6 per gli uomini e 86,3 anni per le donne.

E’ un Paese diviso quello tratteggiato dall’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane, con sede a Roma all’Università Cattolica, ideato dal professor Walter Ricciardi, con un focus dedicato alle disuguaglianze di salute in Italia. Tra le motivazioni alla base della più alta mortalità al Sud già alla presentazione del proprio rapporto l’Osservatorio aveva individuato fattori come la scarsa prevenzione, diagnosi più tardive, una minore disponibilità di farmaci innovativi ed una minore efficacia ed efficienza delle strutture sanitarie, ma anche gli stili di vita. In generale, la maggiore sopravvivenza si registra nel Nord-Est, dove la speranza di vita per gli uomini è 81,2 anni e per le donne 85,6; decisamente inferiore nel Mezzogiorno, dove si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne.

E se Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, fa totalizzare 1,3 anni in più della media nazionale, seguita da Monza e Treviso, vi è invece un enorme svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella media nazionale, seguite da Caltanissetta e Siracusa. Inoltre, anche un titolo di studio basso porta a peggiori condizioni di salute e le disuguaglianze sono acuite dalle difficoltà di accesso ai servizi sanitari che penalizzano soprattutto chi ha un livello sociale più basso. Insomma il Servizio sanitario nazionale assicura la longevità, ma non l’equità sociale e territoriale. Non solo: il livello di istruzione pesa anche in parte sulla rinuncia alle cure, anche se il nostro Paese non è proprio tra i peggiori.

“Il Servizio sanitario nazionale oltre che tutelare la salute, nasce con l’obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche”, spiega Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio. “La sfida futura del Ssn sarà quella di contrastare le persistenti disuguaglianze con interventi e politiche urgenti” spiegano gli esperti. Tra questi “l’allocazione del finanziamento alle Regioni, attualmente non coerente con i bisogni di salute della popolazione, e l’accessibilità delle cure”.

Al Sud stili vita meno sani e meno finanziamenti

Fumo, obesità, sedentarietà, sono tra i fattori di rischio che fanno si che al Sud si viva meno. Accanto a questo un livello di istruzione mediamente più basso che al Nord, così come un più basso livello economico medio, che poi si ripercuotono proprio su stili di vita meno sani, ma non bisogna trascurare neppure il fatto che in “molte realtà del Meridione il sistema sanitario appare meno efficiente anche perchè ha meno finanziamenti,a fronte di un bisogno di salute importante”.

A spiegarlo è Alessandro Solipaca, Direttore Scientifico dell’Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italiane. Ci sono però delle regioni che fanno totalizzare risultati importanti, come ad esempio la Puglia, che come spiega l’esperto “insieme all’Abruzzo ha una minor prevalenza rispetto a media nazionale mortalità prematura”. Non solo, tra le province quella di Bari ha una speranza di vita più elevata della media nazionale. Al Sud e nelle Isole da non trascurare poi è il tema della rinuncia alle cure, perchè la percentuale di coloro che hanno rinunciato ad almeno una visita medica raggiunge picchi del 10,4 per cento a fronte di una media nazionale inferiore. Ci sono però delle regioni che fanno totalizzare risultati importanti, come ad esempio la Puglia, che come spiega l’esperto “insieme all’Abruzzo ha una minor prevalenza rispetto a media nazionale di mortalità prematura”.

Non solo, tra le province quella di Bari ha una speranza di vita più elevata della media nazionale. “Si vive meno anche tra coloro che hanno livello culturale più basso, è detestabile dal punto di vista sociale e in proiezione e’ preoccupante, rischia di condizionare anche il futuro – conclude Solipaca – bisogna intervenire con una cultura della salute già a partire dalle scuole e per i problemi di natura economica sulla deprivazione”.

Fonte: Dottnet.it